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Книга о самом главном
BY ANASTASIA KOSTINA
BERGHÈM MÓLA MÍA – IL CORONAVIRUS E L’ANIMO BERGAMASCO/CORONAVIRUS AND THE BERGAMASCO SPIRIT
BY BRIONY RICHARDS
Questi ultimi mesi sono stati una dura prova per il genere umano: una nuova pandemia, diversa da qualsiasi cosa abbiamo visto fino ad ora, si è dilagata nel mondo, portando le società a un punto morto, e arrestando la vita per come siamo abituati a conoscerla.
L’epicentro dell’epidemia europea si trova indubbiamente a Bergamo, una piccola città nel nord d’Italia, precisamente nella periferia di Milano. Bergamo è anche il luogo in cui ho avuto la fortuna di trascorrere il mio periodo all’estero. Purtroppo il mio anno è stato interrotto per delle ragioni personali, però ho trascorso tre mesi brevi e indimenticabili in questa città bellissima. Con i suoi magnifici panorami e la sua gente meravigliosa, Bergamo ha impiegato poche settimane per trovare un posto nel mio cuore, dove rimarrà per sempre. Prima della crisi, questa città era praticamente sconosciuta - spesso mi ritrovavo a dire alle persone che stavo studiando a Milano, solo per facilità di comunicazione – ma speravo che un giorno le sue strade meravigliose e la sua ricca storia sarebbero state sulla bocca dei viaggiatori di tutto il mondo, e che loro ne avrebbero saputo cogliere la magia. Purtroppo, oggi, questa città è conosciuta a causa di circostanze sfortunate, affiancate da cifre scioccanti di morti e immagini di veicoli militari che trasportano corpi senza vita colpiti dal coronavirus.
Per coloro che una volta camminavano per le sue strade, bevevano nei suoi bar, facevano la fila troppo a lungo nei suoi edifici amministrativi, è devastante assistere al grande impatto che questa pandemia ha avuto su Bergamo. La vita a Bergamo si è fermata. È stato uno dei primi posti in cui è stato introdotto il distanziamento sociale, e le strade un tempo trafficate e piene di famiglie chiacchierone, uomini d'affari e artisti di strada (incluso l'adorabile fisarmonicista con cui ricordo di aver parlato qualche volta nel centro città) sono ora deserte, invase da un senso di paura e incertezza che riempie l'aria. I negozi in cui una volta ho speso in modo frivolo la mia borsa di studio sono chiusi, i bar in cui ho preso innumerevoli aperitivi con i miei coinquilini sono vuoti e l'ospedale Papa Giovanni XXII, dove ho trascorso molto tempo a cercare di capire il sistema sanitario è ora sopraffatto, sottofinanziato e sottoposto a un'enorme pressione.
Quando ho iniziato a scrivere questo articolo, volevo raccontare una storia di perseveranza, forza e comunità - qualcosa che avrebbe ispirato tutti. Volevo scrivere di gente che cantava sui balconi, gente che cucinava per i vicini. Ho contattato i miei amici a Bergamo e, sfortunatamente, la situazione è molto peggio di quanto pensassimo. Le storie che mi hanno raccontato mi hanno davvero spezzato il cuore e mi hanno reso consapevole della vera gravità della situazione.
Mi hanno parlato delle famiglie sedute intorno alla televisione alle 18:00 per ascoltare il rapporto quotidiano della protezione civile, piangendo. Un'amica mi ha raccontato che quasi ogni giorno, durante il mese di marzo, lei è stata svegliata la mattina presto dal suono delle ambulanze e dei veicoli militari che trasportavano i corpi senza vita lontano dalla città perché il cimitero aveva esaurito lo spazio - ha detto che era come vivere in una guerra.
Prima ho accennato ai video, ormai virali, di persone che si uniscono per cantare sui balconi per sollevare lo spirito della comunità, in realtà, mi hanno detto che hanno dovuto smettere settimane fa perché ora tutti sono troppo occupati e stanchi a causa del fatto che si devono prendere cura dei propri cari gravemente malati, o sono in lutto per coloro che hanno perso la vita troppo presto. Ciò che mi ha spezzato di più il cuore era sapere che questa amica ha perso il conto dei cari che hanno perso la vita a causa del coronavirus, quindi non trova più la forza per cantare.
Con queste storie strazianti è facile sentirsi depressi e perdere ogni speranza, ma non bisogna vedere tutto nero. Forse la cosa più straordinaria che ho sentito è che la comunità ha lavorato insieme per costruire un ospedale temporaneo da zero in sette giorni, al fine di aumentare la quantità di posti letto disponibili per coloro che sono stati gravemente colpiti dal coronavirus. L’appello di aiuto ai professionisti con competenze mediche in pensione ha ottenuto una risposta senza precedenti, e ciò ha portato a un enorme aumento del numero di persone disponibili per l'assistenza ai malati, alleviando di conseguenza la pressione sul personale ospedaliero.
La cosa più sorprendente e puramente bergamasca che ho sentito da tutte le persone con cui ho parlato è stato un vero senso di gratitudine. Nessuno era arrabbiato, scoraggiato o completamente senza speranza. Tutti mi dissero che la pandemia aveva dato loro la possibilità di riflettere sull'importanza della famiglia, della comunità e di apprezzare davvero l'importanza delle piccole cose, come abbracciare i familiari e fare passeggiate con gli amici. Le chat di gruppo di cui faccio parte sono ancora attive, e tutte le persone inviavano messaggi di amore, sostegno e buona volontà. Un hashtag virale #berghemmolamia (dialetto bergamasco per 'Non arrenderti, Bergamo) ha riempito il mio feed Instagram e mi ha fatto venire le lacrime agli occhi, con immagini di panorami mozzafiato, mercati alimentari e festival di strada di poche settimane prima, con didascalie che hanno espresso sincera ammirazione e orgoglio da parte di coloro che vivono lì o che hanno un legame speciale con la città.
È chiaro che siamo solo all'inizio di questa pandemia e che ci vorrà un po' prima che la vita torni alla normalità. A Bergamo, in particolare, questo periodo lascerà delle cicatrici: i ricordi dei propri cari, la chiusura di piccole attività a conduzione familiare che hanno le loro radici a Bergamo da decenni ma che non sono riuscite a sopravvivere all'impatto economico, le visioni di Dispositivi di Protezione Individuale, dell’esercito, di carri armati, che una volta sarebbero sembrati totalmente fuori posto. Ma c'è una cosa di cui sono certa. Lo spirito Bergamasco prevarrà grazie alla sua musica, la sua forte identità, la sua storia complicata e il puro orgoglio dell’animo bergamasco: se al mondo esiste un'unica città abbastanza forte da superare questo disastro, è la mia amata Bergamo.
Grazie ai miei amici per i loro racconti – Rachele, Matteo e Diletta siete tutti nei miei pensieri in questi tempi difficili.
Se volete aiutare a fare una differenza a Bergamo, un dottore all’ospedale Papa Giovanni XXII ha fondato una pagina GoFundMe in collaborazione con Cesvi, un’organizzazione umanitaria italiana, per raccogliere soldi per acquistare ventilatori,
monitoraggio emodinamico, cuffie, camici e occhiali monouso ecc. Potete leggere di più e donare al seguente link. https://www.gofundme.com/f/emergenza-covid-cesvi-per-bergamo?fbclid=IwAR3mXwBXpQwO1cqG8UbIT7p3ShI_ibNXeefOCLMOKtdmp56QuoNZoHwb0hQ
These last months have been a true test to the entire human race – a modern pandemic unlike anything ever seen before has swept the globe, bringing societies to a standstill and life as we know it to a halt.
The epicentre of the European outbreak is undoubtedly Bergamo, a small city in the north of Italy, just on the outskirts of Milan, and the place where I was lucky enough to spend my placement abroad. Whilst my year was unfortunately cut short due to personal reasons, I spent three short but unforgettable months in this gorgeous city, with its fantastic views and wonderful people, and it took just weeks for Bergamo to find a place in my heart where it will remain forever. Before the crisis, Bergamo was relatively unknown – I often found myself telling people I was studying in Milan, just for ease of communication- and I hoped that one day its stunning streets and rich history would find its name on the tongues of travellers from all over the world who would come to appreciate its magic. But it is unfortunate circumstances that have led to the name of the city finding itself newly in our mouths, too often in conjunction with shocking figures and death tolls, and images of military vehicles transporting lifeless bodies affected by the coronavirus.
As someone who once walked its streets, drank in its bars, queued up for too long in its administrative buildings, it is devastating to witness the huge impact that this pandemic has had on Bergamo. Life in Bergamo has ground to a halt. It was one of the first places to introduce social distancing measures and a lockdown, and the once busy and bustling streets full of chatty families, businessmen, and buskers (including the lovely accordion player I remember talking to on occasion in the town centre) are now deserted, with a sense of fear and uncertainty filling the air. The shops where I once frivolously spent my Erasmus grant are closed, the bars where I had countless aperitivi with my housemates are empty, and the Papa Giovanni XXII hospital where I spent a considerable amount of time trying to figure out the Italian healthcare system is now overwhelmed, underfunded and under a huge amount of pressure.
When I set out to write this article, I had hoped to be able to tell a story of perseverance, strength and community – something to inspire us all. I wanted to write about people singing on balconies, people cooking for neighbours. I reached out to my friends in Bergamo, and unfortunately, things are much worse than we might think. The stories I have been told have truly broken my heart and made me aware of the gravity of the situation. I’m told of crying families sitting around the television at 6pm to listen to the daily report from the government. A friend shared with me that almost every day throughout March she was woken up early in the morning by the sounds of ambulances and military vehicles transporting bodies around the city because the cemetery has run out of room – she said it was like living in a war. When I asked about the videos that have been going viral of people joining together to sing on balconies to raise community spirits, I was told that that had to stop ages ago because everyone is now far too busy and tired from caring for extremely sick loved ones, or mourning those who this virus has taken far too early. What broke my heart most was to hear that this friend has lost count of the people who she knew who this virus has killed, so she no longer finds the strength to sing.
With these heart-wrenching tales it is easy to feel depressed and to lose all hope, but it is not doom and gloom. Perhaps the most wonderful thing I heard was that the community had worked together to build a temporary hospital from scratch in just seven days in order to increase the amount of beds available for those who the virus has severely affected. A call for medically trained professionals in retirement/new careers got an unprecedented response which led to a huge increase in the number of people available to care for sick ones, consequently easing the pressure on hospital staff.
The most striking and purely Bergamasco thing I heard from everyone I spoke to was just a sense of gratitude. No one was angry or despondent or completely hopeless. Everybody told me that the pandemic had given them a chance to reflect on the importance of family, of community, and to really cherish the importance of the tiny things, like hugging family members, and going for walks with friends. The group chats I am part of are still active, with people sending messages of love and support and general goodwill. A viral hashtag #berghemmolamia (Bergamasco (the local dialect) for ‘Don’t give up, Bergamo) filled my Instagram feed and brought tears to my eyes, with pictures of stunning views, food markets and street festivals from just weeks before, with captions of genuine admiration and pride written by those who both live there or have a special connection to the city.
It is clear that we are only at the beginning of this pandemic and that it will be a while before life returns to normal. In Bergamo in particular, this period will leave scars – the memories of loved ones, the closure of tiny, family-run businesses who have had their roots in Bergamo for decades but which could not survive the economic impact, visions of hazmat suits and army tanks which would once have seemed so out of place. But there is one thing of which I am certain. The Bergamasco spirit will prevail. With its music, its strong identity, it’s complicated history and the pure, unadulterated pride of the Bergamasco spirit, if there is a single city in this world strong enough to overcome this disaster, it is my dear Bergamo.
Thank you to all my friends who shared their stories with me – Rachele, Matteo and Diletta you and your families are in my thoughts at this difficult time.
If you would like to help make a difference in Bergamo, a GoFundMe page has been set up by a doctor at the Papa Giovanni XXVII hospital in conjunction with Cesvi, an Italian humanitarian organisation founded in Bergamo, in order to raise money to purchase ventilators and protective equipment. You can read more and donate at the following link: https://www.gofundme.com/f/emergenza-covid-cesvi-per-bergamo?fbclid=IwAR3mXwBXpQwO1cqG8UbIT7p3ShI_ibNXeefOCLMOKtdmp56QuoNZoHwb0hQ